Il Natale e le festività sono momenti unici di celebrazione in cui coccolarsi ma anche di
“trasgressioni alimentari”.
Le tavole vengono imbandite di prelibatezze anche molto caloriche e il cibo assume un ruolo
centrale nella nostra tradizione tanto che sono abbastanza frequenti le abbuffate alimentari, viste
come una “trasgressione” giustificata da un fenomeno culturale.
Sensi di colpa e vergogna
In alcuni casi, le abbuffate possono essere accompagnate da conseguenze emotive come sensi di
colpa e vergogna. La “trasgressione” alimentare, infatti, può essere conseguentemente vissuta come
un grande errore innescando in primis il processo psicologico del senso di colpa e punendo noi
stessi per aver ceduto alla pulsione di mangiare e ingerire quantità elevate di calorie.
Il senso di colpa genera una estesa sensazione di frustrazione e inadeguatezza, restituendoci
un’immagine fallimentare di noi stessi.
I pensieri ricorrenti sono: “Non avrei dovuto mangiare tutto
quel cibo, sono un buono a nulla/non valgo niente/mi merito di essere in sovrappeso” , queste idee
contribuiscono a condizionare notevolmente l’umore.
Complice il periodo delle festività natalizie (momento particolare, direi conclusivo, di transizione e
di forte mutamento), i sensi di colpa legati al cibo appaiono ancor più accentuati e spiccati, tanto da
spingerci a programmare periodi di restrizione alimentare fatti di privazioni di gusto e di
componenti nutritivi.
Il problema del disequilibrio alimentare:
Andiamo quindi facilmente incontro al progetto di un pericoloso disequilibrio alimentare creando con facilità “diete fai da te”, attraverso cui abbiamo la sensazione di ristabilire un controllo sui nostri impulsi alimentari.
Seguendo queste condotte alimentari è alto il rischio di non ingerire tutte le componenti nutritive necessarie al proprio benessere e anche di cadere in episodi di piccole abbuffate durante le “pause dalla dieta”.
I vissuti di insoddisfazione e inadeguatezza eccessivi possono generare processi disfunzionali
nell’alimentazione, dato che essi nascono dal desiderio intrinseco di raggiungere una forma fisica
perfetta o, più precisamente, di sentirsi perfetti.
Quando il giudizio negativo esterno rappresenta un profondo fallimento, si sceglie di adottare
comportamenti maggiormente apprezzabili per ricevere dall’altro un’immagine di sé positiva,
valida e ineguagliabile, come il mantenere una forma fisica ottimale o dedicare agli altri attenzioni e
cure decisamente eccessive.
Le sensazioni di timore e insicurezza vengono così coperte dalla ricerca della perfezione e dai
tentativi di omologazione, cercando faticosamente di mostrare agli altri la parte migliore di sé e
negando le debolezze.
È qui che l’intervento di un nutrizionista e della psicoterapia possono essere d’aiuto per integrare e
accettare le nostre parti imperfette.. perché le imperfezioni sono la “normalità”.
Accettando la possibilità di “sbagliare”, abbandoniamo il desiderio di rincorrere standard estetici
inarrivabili ed il bisogno di dimostrare agli altri di essere perfetti, scegliendo di fare qualcosa solo perché ci fa stare bene, come mangiare quel dolce di troppo, senza accedere al senso di colpa.