Cerca
Close this search box.

Come diventare Nutrizionista

Badge Ordine Nazionali BiologiIl Biologo Nutrizionista è un professionista che è in possesso di una laurea (4 anni con il vecchio ordinamento, o 3 + 2 con la nuova riforma) e, per esercitare regolarmente la professione deve aver superato l’esame di Stato ed essersi iscritto alla Sez. A dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

 

 

 

legenda

  1. A chi mi devo rivolgere?
  2. E allora chi scegliere?
  3. La Visita Nutrizionale
  4. Anamnesi ed esame obiettivo
  5. Valutazione delle abitudini alimentari
  6. Valutazione della composizione corporea
  7. Antropometria
  8. Indagini Biochimiche
  9. Valutazione Metabolismo Basale e Fabbisogno Energetico

Vediamo tutti i passaggi su come diventare biologo nutrizionista

L’esame di Stato per diventare Biologi, al quale è possibile accedere tramite corso di laurea per diventare nutrizionista è così articolato:

Come diventare Nutrizionista

  • Due prove scritte: la prima prova incentrata su argomenti che interessano l’aspetto biofisico, biochimico, biomolecolare, biomatematico e biostatistico, ambientale e microbiologico. La seconda, invece, basata su temi quali igiene, management e legislazione professionale, certificazione e gestione della qualità. Per ogni prova scritta vengono proposte tre tracce fra le quali il candidato può scegliere.
  • Una prova orale che ha per oggetto le materie delle prove scritte.
  • Una prova pratica che consiste nell’effettuare valutazioni epidemiologiche e statistiche o sperimentali servendosi di appositi strumenti, a cui segue raccolta e interpretazione dei risultati.

Il Ministero della Salute ritiene inoltre che sia preferibile che il biologo per esercitare l’attività di nutrizionista in ambito privato, abbia conseguito il diploma di specializzazione universitaria in Scienza dell’Alimentazione.

Secondo gli ultimi dati al primo posto in classifica tra le Università italiane per i corsi di laurea magistrale con orientamento sanitario troviamo l’Università di Padova, seguita dell’Università di Milano e di Firenze.

Vediamo nel dettaglio quali sono le attività conformi alla legge che possono essere svolte:

  • può prescrivere diete in modo autonomo al fine di proporre alla persona che ne fa richiesta un miglioramento del proprio stato di salute e realizzare dei regimi alimentari destinati soggetti cui è stata diagnosticata una patologia, solo previo accertamento delle condizioni fisio-patologiche effettuate dal medico chirurgo”. Può suggerire o consigliare integratori alimentari, stabilendone o indicandone la modalità di assunzione;
  • può determinare delle diete ottimali per mense aziendali, collettività, gruppi sportivi, in relazione alla loro composizione ed alle caratteristiche dei soggetti (età, sesso, tipo di attività).
    Attenzione…
  • non può qualificarsi come medico nel fare diagnosi di patologie e prescrivere farmaci.

(Consiglio di Stato sez. V, 16.11.2005, n. 6394)

Quando si vuole intraprendere un percorso alimentare per ragioni di salute, benessere o per ottimizzare le proprie prestazioni fisiche è alquanto banale la domanda che ci si pone:

“A chi mi devo rivolgere?”


Non altrettanto semplice però è la risposta che si conclude vista la grande confusione che ormai domina nel campo dell’alimentazione. È tuttavia difficile la scelta del professionista a cui affidare la propria salute. Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
Il biologo nutrizionista non è l’unico esperto in nutrizione secondo la legge italiana. Ci sono altre due figure che è doveroso chiamare in causa:

Il Dietista è un professionista sanitario il cui profilo professionale è individuato dal D.M. 744 del 1994, in possesso della laurea triennale in Dietistica (L/SNT/3), una delle lauree sanitarie della facoltà di Medicina e Chirurgia. Gli specifici atti di competenza del dietista sono:

  • può organizzare e coordinare attività specifiche relative all’alimentazione in generale e alla dietetica in particolare;
  • può collaborare con gli organi preposti alla tutela dell’aspetto igienico sanitario del servizio di alimentazione e svolgere attività didattico – educativa finalizzate alla diffusione di principi di alimentazione corretta.
  • non può fare diagnosi di malattia né prescrivere farmaci e per elaborare una dieta con specifiche grammature, intesa quindi come “terapia dietetica”, necessita della prescrizione del medico.
    (DM 744 del 14.09.1994 all’articolo 1)

Il Dietologo è un medico che ha conseguito la laurea in medicina e chirurgia (6 anni) e successivamente la specialità in scienze dell’alimentazione e dietetica (5 anni).

  • ha il dovere non solo di preiscrivere un piano alimentare ma di valutare nello specifico la condizione clinica del proprio paziente;
  • può usare apparecchiature mediche per fare diagnosi, rilevando parametri utili alla valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici;
  • può prescrivere integratori alimentari, rimedi biologici omeopatici o all’occorrenza dei farmaci.

Un medico nutrizionista può quindi, a differenza delle precedenti figure, concludere la complessiva condizione di salute dell’individuo e intervenire in totale autonomia preiscrivendo il regime alimentare ritenuto piu corretto.

E allora chi scegliere?


Per poter scegliere in maniera corretta il professionista a cui rivolgersi per l’elaborazione di un piano nutrizionale è necessario valutare la professionalità, l’esperienza, il metodo di lavoro che viene usato, ma anche il grado di sintonia ed empatia che il professionista utilizzerà per motivare i propri pazienti a intraprende il percorso alimentare ed eventualmente a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Attenzione ad affidarsi a chi purtroppo non ha queste competenze adeguate per un compito così importante. Sto parlando di estetiste, di psicologi e naturopati che non sono abilitati e non possono assolutamente prescrivere diete e piani alimentari secondo la legge italiana. La società in cui viviamo incentrata su un continuo utilizzo dei social e dei media non ha fatto altro che gravare sulla promozione di regimi alimentari che non trovano fondamento su conoscenze scientifiche.

Ciò però non significa che chiunque sia in possesso di una laurea può essere definito al tempo stesso esperto di nutrizione. Quante volte capita in farmacia di trovare chi si improvvisa nutrizionista e fornisce, magari dopo test alimentari piuttosto costosi, diete senza avere delle basi?

Vorrei ricordare che il farmacista “svolge un ruolo abbastanza definito in quanto non può elaborare e prescrivere diete”, né elaborare profili nutrizionali. (Cons. Sup. Sanità del 15/12/2009). Al contrario un personal trainer dotato di una laurea e che ha conseguito un Master in nutrizione clinica applicata al fitness è da considerare una fonte di sapere piu che attendibile alla quale rivolgersi se amanti del proprio benessere psicofisico.

Non è infatti la definizione “nutrizionista” che fa la differenza, ma le competenze proprie della professione.

Vediamo adesso come vengono applicate queste conoscenze durante una visita nutrizionale.

La Visita Nutrizionale


Per un’adeguata valutazione dello stato nutrizionale, risultante dell’equilibrio tra apporto di nutrienti e fabbisogni dell’organismo, nella pratica clinica occorre avvalersi di vari strumenti:

  • Anamnesi ed esame obiettivo
  • Valutazione dello stato nutrizionale
  • Antropometria
  • Valutazione della composizione corporea
  • Esami ematochimici
  • Valutazione Metabolismo basale e Fabbisogno energetico
  • Impostazione dello schema dietetico

Anamnesi ed esame obiettivo


L’anamnesi prevede la raccolta di diverse informazioni tramite un colloquio con il paziente, e include informazioni riguardanti:

Età

  • consumo di alcool e tabacco
  • uso cronico di farmaci
  • variazioni del peso
  • grado di attività fisica
  • sintomi gastrointestinali
  • condizioni patologiche presente e pregresse

Valutazione delle abitudini alimentari


I metodi di valutazione delle abitudini alimentari vengono tradizionalmente classificati in retrospettivi e longitudinali. I primi comprendono il recall delle 24 ore, il questionario di frequenza di assunzione degli alimenti e la storia dietetica. Il metodo longitudinale più impiegato è il diario alimentare che consiste in una registrazione prospettica del consumo di cibo e bevande, per un periodo di tempo per lo più compreso tra 3 e 7 giorni.

Le quantità consumate sono valutate impiegando misure casalinghe (“diario semplice”) o pesando gli alimenti (“diario con pesata”).

Nella pratica clinica, il diario è uno strumento prezioso per stabilire l’abilità del paziente nella gestione del piano alimentare e per indagare i correlati psico-sociali dell’alimentazione.

Antropometria

Il peso corporeo (espresso in kg) e la statura (espressa in m) sono le misure antropometriche più largamente utilizzate per gli studi sullo stato nutrizionale di una popolazione. La determinazione del solo peso corporeo però non è utile per definire la composizione corporea (rapporto FM e FFM). Tra gli indici stauro-ponderali l’Indice di Massa Corporea (IMC, Body Mass Index, BMI), ottenuto dal rapporto fra il peso corporeo espresso in Kg ed il quadrato della statura espressa in m (kg/m2) è considerato come il più valido indicatore dell’obesità, in quanto fortemente correlato con la massa grassa.

Le circonferenze corporee sono l’espressione delle dimensioni trasversali dei vari segmenti corporei e indici riconosciuti dello stato di nutrizione e della distribuzione della massa grassa. Lo strumento di misurazione è un metro flessibile ed anelastico che deve aderire alla cute senza comprimere i tessuti sottostanti. Vengono effettuate le seguenti misurazioni:

  • Circonferenza polso
  • Circonferenza braccio
  • Circonferenza fianchi

La plicometria è un sistema di misurazione che, grazie a uno strumento denominato plicometro, consente di ottenere indicazioni sulla percentuale di grasso corporeo; questa percentuale viene ricavata tramite la misurazione dello spessore delle cosiddette pliche cutanee (ovvero l’espressione del pannicolo adiposo presente sotto la cute) in determinati siti corporei; la misurazione delle pliche cutanee consente di conoscere la densità corporea; da questa si può ricavare la massa grassa e per differenza dal peso saremo in grado di ottenere il dato della massa magra.

Importante nella plicometria è la tecnica di rilevazione della plica per la quale è necessario un gran dispendio di tempo e pratica per svilupparla nel migliore dei modi.

Valutazione della composizione corporea

Bioimpenziometria

La BIA (Bioimpedenziometria) è un esame di tipo bioelettrico per l’analisi quantitativa e qualitativa della composizione corporea. La misurazione della resistenza e della reattanza che incontra una debole corrente che attraversa il corpo umano ci consente di stabilire, grazie a delle opportune formule, la composizione corporea e valutare lo stato nutrizionale.

Indagini Biochimiche

Gli esami ematochimici principali sono:

  1. L’emocromo è un esame di laboratorio che ha lo scopo di valutare le quantità dei principali costituenti cellulari del sangue.
  2. La glicemia rappresenta la quantità di zucchero (glucosio) presente nel sangue. Sia valori troppo bassi di glicemia (ipoglicemia) che soprattutto valori troppo alti (iperglicemia/diabete) sono pericolosi per l’organismo.
  3. La Creatininemia è utilizzata come indice di funzionalità renale. La creatinina è principalmente filtrata dai reni ed il suo livello nel sangue è usato come indice della normale filtrazione del sangue da parte del rene.
  4. I trigliceridi sono la forma di immagazzinamento dei grassi nell’organismo e sono utilizzati come scorta di energia. La determinazione dei trigliceridi nel sangue rientra nel cosiddetto assetto lipidico, un insieme di esami che comprende anche la misurazione del colesterolo totale, del colesterolo HDL (buono) e del colesterolo LDL (cattivo) e che serve anche a determinare il rischio cardiovascolare.
  5. Esame urine
  6. Funzionalità epatica: BILIRUBINA – FOSFATASI ALCALINA – TRANSAMINASI (GPT – GOT) – GAMMA GT

Valutazione Metabolismo Basale e Fabbisogno Energetico

Il fabbisogno calorico è la quantità di energia di cui ha bisogno l’organismo per compensare e sostenere il metabolismo basale, vale a dire il consumo energetico di un organismo nel suo stato di riposo, ed il consumo energetico per sostenere l’attività lavorativa e l’attività fisica in generale.

Il fabbisogno calorico può essere misurato mediante due due metodi: la calorimetria (molto dispendiosa in termini di tempo e costi), ed equazioni di stima (quelle più utilizzate). È fondamentale quali sono i fattori che possono influenzarlo:

  1. Il metabolismo basale: è la quantità minima di energia che serve all’organismo per mantenersi in vita. Rappresenta la quantità di energia consumata dal soggetto in una condizione di rilassamento totale e, dell’intero consumo energetico giornaliero il metabolismo basale copre circa il 60% del consumo calorico. I fattori che influenzano il metabolismo basale sono:
    • Età
    • Sesso
    • Composizione corporea
    • Temperatura corporea
    • Temperatura ambientale
    • Stato nutrizionale
    • Situazione ormonale
    • Assunzione di farmaci
  2. TID, Termogenesi indotta dagli alimenti, è l’energia consumata dall’organismo per digerire, assorbire, utilizzare il cibo assunto con l’alimentazione e trasformarlo in energia. Copre circa il 10% del consumo calorico.
  3. Attività fisica: è tutto ciò che determina un’azione, diversa dallo stato di quiete del metabolismo basale. Comprende quindi la semplice azione come il camminare o svolgere mansioni lavorative fino allo svolgimento dell’attività sportiva leggera o addirittura agonistica. Tale attività, escludendo quella agonistica, copre circa il 30% del consumo calorico.
Facebook
LinkedIn
Email
WhatsApp
Stampa
Alimentazione e Pcos

Alimentazione e Pcos

La sindrome dell’ovaio policistico è una patologia che si riscontra di frequente in ambito femminile, infatti interessa circa il 3 – 10%

Test e analisi disponibili

Skip to content