I provvedimenti per contrastare la diffusione del nuovo Coronavirus in Italia sono tra i più restrittivi che
sono stati adottati negli ultimi anni dal nostro Stato. Ci viene chiesto un radicale cambiamento dello stile
di vita quotidiano e una completa rivisitazione di quello che normalmente siamo abituati a fare.
Tutto ciò può avere su di noi delle conseguenze non solo da un punto di vista economico ma anche su un piano psicologico, a cominciare dal nostro rapporto con la paura e con la solitudine.
Come spesso sentiamo dire, in questo contesto di incertezza e di preoccupazione, la paura può essere
funzionale perché si può trasformare in attivazione e maggiore attenzione dei protocolli di igiene ma i
problemi maggiori possono presentarsi per coloro che erano già in difficoltà a gestire stati ansiogeni, ad
oggi decisamente aggravati.
La condizione di isolamento genera ansia, perplessità e un senso di costrizione. Di solito la casa è
raffigurata come uno spazio accogliente ma se pensiamo a quelle persone sole o al contrario che si trovano a vivere in uno spazio ristretto in condizioni conflittuali, la casa può diventare una “prigione”, cambiando completamente il suo significato simbolico.
A tutto questo aggiungiamo la preoccupazione per il diffondersi del virus, la paura che contagi noi o le persone a cui vogliamo bene, l’ansia legata a una possibile crisi economica e alle conseguenze che avrà tutto questo sul futuro: alla luce di ciò, è difficile non cadere in importanti stati di ansia.
In alcuni casi lo “stress” ci sprona a far fonte alle avversità, facendo leva sulle nostre capacità e sulle nostre risorse ma è altrettanto vero che a volte risulta difficile reagire e, in questo caso, il periodo di quarantena può avere effetti psicologici profondi e duraturi.
Come è possibile allora rendere l’isolamento più “tollerabile”?
Per ridurre la percezione di alienazione, e quindi fare in modo che i livelli di ansia e paura non diventino patologici, è possibile seguire una serie di semplici accorgimenti, utili per gestire lo “stress da confinamento”:
– Consultare solo fonti affidabili per avere informazioni sui rischi e sulle precauzioni.
È consigliabile ridurre il tempo dedicato a seguire la cronaca mediatica dell’epidemia.
– Dedicarsi ad attività rimandate da tempo o impararne di nuove.
Può sembrare superficiale consigliare di considerare questo tempo come un’opportunità ma è uno dei
modi migliori di viverlo. Fate una lista delle cose che avete sempre voluto (o dovuto) fare: cucinare un
piatto nuovo, leggere un libro, telefonare a parenti lontani, ricominciare a fare cose che vi fanno stare
bene. Da un punto di vista alimentare, queste attività possono allontanare il rischio del cosiddetto
“emotional eating”, ossia il ricorso al cibo come meccanismo di compensazione attraverso cui regolare
e ridurre le emozioni negative come la noia e l’apatia (che comunque rimangono momenti utili per
stimolare la creatività, se ben impiegati)
– Mantenere la socialità con le videochiamate. La quarantena da Coronavirus ha un minimo comun
denominatore, la solitudine. Le relazioni sociali sono fondamentali per farci stare bene da un punto di
vista biologico: la relazione e la comunicazione hanno l’effetto di smorzare timori e ipocondrie. E’
importante quindi tenere il canale del dialogo sempre aperto con gli altri, il silenzio e i pensieri che si
incancreniscono sono molto pericolosi.
– Cercate di ricreare la routine che avevate prima delle restrizioni o di reinventarne una nuova: stabilire orario di pranzo e cena e rispettarli sempre. Prendere l’abitudine di svegliarsi ed addormentarsi ad orari diversi, di mangiare solo quando se ne ha voglia riempiendosi di cibo a caso è il modo migliore per abbattere il metabolismo e l’umore. È importante invece non trasformare il tempo dell’isolamento in un tempo indefinito e disordinato. Oltretutto, avendo i bambini a casa, è possibile coinvolgerli nella
preparazione dei pasti condividendo l’esperienza positiva del tempo della tavola, del mangiare con
calma, dei cibi tradizionali salutari e gustosi..ne gioverà la salute e anche l’umore.
Indubbiamente, il cibo è un buon rimedio contro ogni tipo di frustrazione. Occupare il tempo cucinando è molto terapeutico quando si vivono situazioni emergenziali e di forte ansia come queste. Il problema è che quando cuciniamo in abbondanza e non c’è equilibrio calorico tra “entrate e uscite”, ecco che si finisce per prendere peso e rimanere insoddisfatti. Per questo è consigliabile mantenere sempre un po’ di sano movimento.
– Fare attività fisica. Prendere qualche piccolo appuntamento fisso per lo svolgimento di attività fisica
(yoga, pilates..), ci permette di produrre endorfine utili per fronteggiare ansia e depressione,quest’ultime incrementate da sedentarietà e dal bombardamento mediatico. Fare ginnastica permette di
contrastare il rischio di aumento del peso corporeo, dell’obesità, del diabete e permette di scaricare
tensioni che altrimenti si accumulerebbero andando a disturbare il riposo notturno e ad abbassare il tono dell’umore.
– Per i bambini. È necessario non eccedere con parole di preoccupazione, ma evitate anche la censura.Quando un bambino percepisce angoscia nei genitori ma non ne comprende il motivo, soffre il doppio.Rimane importante rispettare le routine.
In conclusione:
Cercando di intervenire su questi semplici punti, avremo dei benefici nel mitigare gli effetti negativi di
questa condizione, nel presente e in un momento successivo.
Questo periodo di radicale cambiamento dello stile di vita quotidiano può diventare quindi un’opportunità per ripensare al nostro rapporto con le nostre passioni e con il cibo e non solo motivo di preoccupazione.
Nonostante questo, se la paura comporta un profondo stato di malessere e l’ansia non migliora, non esitate a chiedere aiuto: come me, molti psicoterapeuti lavorano online in questo momento!